Io imparo ma tu insegnami
Oggi ho deciso di riproporvi un articolo che ho letto su FOCUS , a mio parere molto interessante. Gli interventi di Antonio Calvani , docente e autore di libri che noi ben conosciamo, mi hanno portato a dare credibilità a questo articolo e a riflettere sui modi di "fare scuola". Ci tengo a precisare che non ho esperienza di insegnamento come docente , ma ripensando al mio percorso scolastico e alla mia vita di studente, (unici elementi a cui posso fare riferimento) non posso che trovarmi d'accordo con quello riportato in seguito.
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BUONA LETTURA!!!! |
Una ricerca planetaria su 240 milioni di studenti sfata molti miti della scuola.
Tutto da rifare : ciò che sappiamo in materia di educazione , di insegnamento e di scuola, è per lo più sbagliato, frutto di convinzioni errate e stereotipi. Ecco 6 miti che le ricerche hanno recentemente confutato.
Ogni studente è dotato di un certo tipo di intelligenza e da il suo meglio con un particolare stile di apprendimento.
Howard Gardner , l'ideatore delle intelligenze multiple , ha personalmente gettato nel cestino la teoria degli "stili di apprendimento " : insegnare le materie nel modo adatto alla cosiddetta "intelligenza" di cui lo studente sarebbe dotato ( cioè usando un approccio più visuale , o più linguistico, o più matematico) non ha alcun fondamento scientifico. "Impariamo tutti usando i 5 sensi " ha detto Gardner.
Parlare contemporaneamente due lingue nell'infanzia crea confusione.
Anche questo è un falso mito. Poiché le aree cerebrali che si occupano di due lingue diverse non sono sovrapposte, non può esserci conflitto. Anzi , è vero il contrario: migliora il controllo degli impulsi e la concentrazione.
I maschi sono più bravi in matematica, le femmine in italiano perché hanno abilità cognitive diverse.
Macché! Questo caposaldo della psicologia di genere è stato sbaragliato da uno studio di ricercatori austriaci e svedesi, condotto in 13 paesi europei. La ricerca - con test cognitivi, di memoria, abilità matematiche e verbali su 31 mila maschi e femmine ultracinquantenni , ha dimostrato che le differenze di genere sono inversamente proporzionali alle opportunità educative. Maggiori sono le opportunità di cui si gode, minori le differenze a vantaggio dei maschi o a svantaggio delle femmine. L'Inghilterra è il Paese più equilibrato, lì i maschi e le femmine hanno pari opportunità ; ai due estremi ci sono il Bahrein, con il massimo svantaggio per le ragazze , e la Tunisia , con il massimo vantaggio per i ragazzi.
Nelle classi con meno allievi si impara meglio.
L'assunto è ingiustificato: nei paesi asiatici , che raggiungono i risultati migliore ai test internazionali di valutazione Ocse-Pisa, ci sono 35-45 alunni per classe. Antonio Calvani, docente di metodi e tecnologie educative dell'università di Firenze ci dice che :"Le ricerche dimostrano che scendere da 25-30 alunni a 15 per classe non migliora l'apprendimento forse perché gli insegnanti non cambiano l'impostazione delle lezioni adattandola alla situazione".
Lavagne interattive multimediali, iPad, computer e smartphone migliorano l'apprendimento.
Falso. Antonio Calvani ci fa notare che : " Le tecnologie non sono la soluzione ai problemi della scuola. Gli studi su migliaia di ragazzi hanno dimostrato che smanettare con il digitale non si accompagna quasi mai a un avanzamento qualitativo dei processi di pensiero".
Lodare spesso gli allievi li induce ad impegnarsi.
Neanche questo è vero.Gli studenti non hanno bisogno di apprezzamenti continui. La psicologia comportamentale insegna che solo il rinforzo intermittente e imprevedibile produce abitudini forti e persistenti, Traduzione: poche lodi e misurate. L'incoraggiamento continuo e prevedibile porta invece a interrompere lo sforzo appena gli apprezzamenti non arriveranno più: è il modo migliore per ottenere scolari incapaci di persistenza e autocontrollo.
In molte scuole del mondo gli insegnanti hanno cominciato a disegnare esperimenti coinvolgendo le scolaresche con il supporto tecnico-scientifico di pedagogisti e statistici. Professori e maestri hanno composto gruppi omogenei di allievi assegnandoli casualmente una tecnica di insegnamento o un'altra. Hanno valutato la situazione di partenza e hanno l'hanno verificata dopo l'intervento educativo, misurandone gli effetti ( per esempio quanti studenti avevano imparato a leggere in modo fluente, quanti stentatamente e quanti non erano progrediti.) Rimaneva tuttavia un problema : questo tipo di ricerche , se prese ad una ad una , riguardano sempre campioni ristretti, troppo piccoli per giustificae una scelta didattica nazionale. La soluzione ? Aggregare i risultati di tanti piccoli studi sullo stesso tema ( per esempio l'apprendimento della lettura) verificare che la loro metodologia sia corretta e standardizzare il dato con precise tecniche di analisi (revisione sistematica.)
TUTTI PROMOSSI!
La bocciatura come sottolinea l'analisi di John Hattie, peggiora la capacità di imparare, nonostante venga attribuita al bene dell'alunno. Anche la televisione ha un effetto negativo. I bambini che guardano la tv più di 10 ore la settimana perdono competenze: arretrano invece di avanzare. Per non parlare delle etichette (" Giovanni non capirà mai la matematica") che definiscono che cosa i ragazzi sono in grado di apprendere, Gli studi hanno dimostrato invece che, se vuole che tutti gli studenti imparino, l'insegnante deve essere convinto prima di tutti che possano imparare. Nozioni come talento, abilità e intelligenza sono insufficienti a spiegare l'apprendimento , che è invece il risultato di investimenti consistenti di tempo, energie, lezioni strutturate e sforzi personali. Di fatica, insomma. Gli arretramenti causati da errori dell'educazione sono ancor più drammatici se si pensa che i bimni della Liberia e del Guatemala , mai entrati in classe, migliorano comunque il loro apprendimento in modo misurabile semplicemente crescendo.Per questo , dicono i ricercatori, non bisogna accontentarsi di piccoli progressi che si verificano probabilmente comunque, ma mirare a interventi che portano grandi risultati.
TORTURE INUTILI
Non è il caso dei compiti quotidiani, che alle elementari e alle medie risultano inutili. Se proprio si ritiene assegnarli, che non superino i 5 minuti di impegno e sopratutto che l'insegnante li valuti sempre uno per uno. Nelle scuole superiori invece, sempre se vengono corretti,la misura dell'effetto positivo è consistente.